L’usucapione è un modo di acquisto della proprietà (o di altro diritto reale di godimento) a titolo originario mediante il possesso del bene continuato per un tempo stabilito dalla legge (solitamente di 20 anni). Scopo dell’istituto è quello di favorire chi fa di un bene un uso produttivo a fronte di un proprietario inerte che se ne disinteressa. Ulteriore funzione dell’usucapione è quella di rispondere ad una esigenza di certezza delle situazioni giuridiche, evitando la c.d. probatio diabolica ossia la prova che quel diritto, dalla sua origine, sia stato sempre ceduto dal legittimo titolare.  

Affinché vi possa essere usucapione il possesso deve corrispondere all’esercizio di quel diritto e deve essere continuo, pacifico, ininterrotto e manifesto. In altre parole colui che intende acquistare per usucapione deve comportarsi come il proprietario o come altro titolare di un diritto sulla cosa. Se questa situazione di fatto si protrae nel tempo senza che sia contestata dal legittimo titolare del diritto, il possessore può fare suo il bene.

Per accertare l’usucapione esistono diversi metodi. Il primo è una causa dinanzi al tribunale civile. Il giudice, attraverso una sentenza dichiarativa, accerta il verificarsi di un effetto già verificatosi nella realtà. Proprio questa ragione spinge la giurisprudenza a ritenere possibile la vendita dell’immobile acquisito con usucapione a prescindere da una sentenza del giudice.

A partire dal DL 69/2013 convertito in L 98/2013 che ha modificato l’art. 2643 del CC, è stato introdotto al comma 12-bis la possibilità di accertare l’usucapione di un bene mediante una mediazione.

Quest’ultima rappresenta un efficace meccanismo volto ad evitare i conteziosi, fin troppo numerosi in Italia, e ad offrire risposte celeri. Con l’assistenza dei propri avvocati, le parti, alla presenza del mediatore, discutono sugli aspetti giuridici e, una volta raggiunto l’accordo, viene redatto un verbale. Quest’ultimo ha lo scopo di certificare la volontà delle parti. La differenza con l’accertamento giudiziale è che la sentenza ha come scopo quello di far valere una realtà cd. “ontologica”, mentre l’accertamento privato fissa una verità “convenzionale”. Ad ogni modo il solo verbale non basta. Un notaio deve autenticare le firme per poter trascrivere l’atto ai sensi dell’art. 2643 (c. 12-bis) del Codice civile. 

In dottrina ci si è a lungo domandati se il medesimo risultato della mediazione possa essere raggiunto innanzi ad un notaio. Per lungo tempo è prevalsa la risposta negativa dal momento che in un atto notarile non possono essere contenute dichiarazioni testimoniali. Tuttavia, altra dottrina ha ribadito che il compito del notaio, in un caso di questo tipo, non sarebbe molto diverso da quello del mediatore, limitandosi ad una funzione certificativa.  In altre parole secondo questo orientamento il venditore può far discendere la sua legittimazione a cedere la proprietà semplicemente dichiarandosi proprietario del bene per effetto dell’avvenuta usucapione.  A questo punto il compito del notaio è soltanto quello di prenderne atto, non potendo concretamente indagare essendo sprovvisto dei poteri di un giudice. In questo modo le parti non accertano loro stesse l’avvenuta usucapione, ma attestano solo il verificarsi di determinati fatti ed eventi cui la legge ricollega determinati effetti.

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